NO ME CUIDA POLICIA, ME CUIDAN MIS AMIG@S

solidarietà alle donne messicane, nessun@ sbirr@ è amic@ nostr@!

Città del Messico, settimana scorsa, 4 sbirri stuprano una ragazza di 17 anni.
Nelle strade si riversano migliaia di donne che rabbiose scatenano l’odio contro la polizia al grido di “Non mi protegge la polizia, ma le mie amiche”. Da giorni un grido ha rotto finalmente il silenzio intorno all’ennesimo stupro che sarebbe , ancora una volta, rimasto senza risposta. Quello che è successo a Città del Messico, e sta succedendo ora, sta creando una reazione diretta contro la cultura dello stupro.
Guardiamo con gioia le caserme in fiamme e le strade piene di donne consapevoli che estendono il conflitto verso l’eteropatriarcato, non concentrandosi su un solo atto di violenza subito, ma attaccandone la matrice sistemica e scegliendo come risposta un’azione violenta!
.Nella frase “Non mi protegge la polizia, ma le mie amiche”, c’è molto di più di una semplice reazione contro uno stupro di gruppo. C’è un discorso politico.
Da troppo infatti i corpi delle donne vengono usati anche come strumento di propaganda politica :
Lo stupratore non è bianco occidentale := le “Nostre” donne vanno protette.
Il bianco o il poliziotto stuprano : Quelle puttane se la sono cercata.
Stare ad aspettare una sentenza che non arriverà, stare ad aspettare punizioni che a niente serviranno contro la cultura dello stupro e dell’eteropatriarcato, ci rende impotenti e alimenta una rassegnazione di cui non ne possiamo più.
Questa volta invece, le donne si sono organizzate per reagire, e hanno fatto molto di più che dare una risposta diretta e funzionale.
Hanno lanciato un grido che toglie la maschera al sistema democratico liberista : la polizia non ci protegge
La polizia protegge la proprietà, i ricchi e il capitale, non le donne con cui si fa scudo, non i poveri, non le persone razzializzate , non chi lavora, non chi non ha una casa o in lavoro . La polizia protegge la proprietà.

E mentre sui social le immagini delle caserme date alle fiamme in messico diventano virali, un altro articolo tenta di mettere una toppa sull’odio viscerale deglu oppressu verso le forze dell’ordine.
Cita il titolo “le poliziotte Argentine si rifiutano di reprimere le manifestazioni femministe, “Al massimo” dicono “ci andiamo per sventolare il drappo di ni una menos”.
E giù di sviolinate su come “Non siano tutte mele marce, ecco quelle a difesa della donna”.
Beh, un@ poliziott@ che sceglie di disertare un ordine non è mai una cosa negativa, il problema è come ciò viene usato politicamente.
Queste poliziotte si rifiutano di reprimere una manifestazione femminist, ma le manifestazioni di lavoratori e lavoratrici? Quelle di studentesse e studenti? Le proteste di chi non ha il pane? Di chi vuole un letto dove dormire? Di chi è stuf@ della violenza dei/lle gendarm@? Deglu indigenu in lotta a difesa dei territori occupati dagli stati coloniali?
Anche questo si rifiuteranno di reprimere?

Le tematiche femministe vengono sempre più strumentalizzate dalle istituzioni perchè rappresentano un’occasione facile per pulirsi un pò la coscienza, un modo per dire “alla fine non siamo così male” e nel caso del Messico sta succedendo questo. Quando la polizia viene contestata deve inventarsi qualcosa perchè l’odio alle guardie è contagioso e si sparge velocemente tra chi vive una vita di miseria ed oppressione. E’ successa la stessa cosa per il processo indipendentista in Catalogna, dove la polizia autonomica, i Mossos, in un paio di occasioni si sono rifiutati di picchiare chi andava a votare al referendum e a questo prezzo davvero ridicolo si sono conquistati una quantità imbarazzante di elogi e consenso, che li ha portati ad entrare in una delle piazze più importanti della città accompagnati dall’applauso e i complimenti di chi aveva votato al referendum.
Non c’è sbirro peggiore del (finto o vero) sincero democratico, che rifiuta le discriminazioni che la sua divisa stessa incarna e protegge. Questa figura è solo un’illusione creata per generare consenso perfino tra chi si ribella, facendo leva sul sentimento cristiano del perdono, del porgere l’altra guancia verso chi fino a ieri ci ha massacrate ma oggi dice “mah forse non ci stava troppo”. Non ci abbiamo mai creduto e non ci crederemo.

Il nostro essere transfemministu è profondamente e visceralmente antirazzista, anticapitalista e antifascista.
Per questo essendo che far parte delle forze dell’ordine significa essere persone armate che applicano con la forza norme a tutela del capitale,non possiamo avere sbirre amiche.
Non sono nostri e nostre amiche in strada, in carcere, né quando abbiamo fame, rabbia o subiamo violenza.

Il problema non è l@ poliziott@ buon@ o cattiv@, il problema è l’esistenza della polizia. Non sono le mele ad essere marce, ma l’albero ad esserlo, e in quanto tale va abbattuto.
Non può esistere una polizia transfemminista queer, non può esistere un mondo libero realmente dove vi siano persone armate a difendere i beni di qualcun altr@, guadagnati a scapito di milionu di altru.

Chiunque faccia propria la legalità come sistema di vita rinnegando la giustizia è parte del problema, se per lavoro porta un’arma in nome “della legge” lo è di più.
Non siamo giustizialistu e abbracceremo nella lotta chi capisce quale è la parte di mondo da difendere , c’è molta dignità nel cambiare idea, nessuna nell’usare le lotte delle altre per sciacquarsi gli ultimi brandelli di presunta coscienza.

Con ogni caserma in fiamme,
Insieme a chi diserta!

froce e femministe contro la polizia! (A)