E’ con i cuore in gola che scriviamo questo testo come conclusione dell’esperienza di Urania.
Ormai siamo arrivate ad un punto in cui non è più sostenibile portare avanti il progetto, cercheremo in queste brevi righe di spiegare perché e di fare un’autocritica di come sono andate le cose.
Urania nasce come una TAZ (T.R.A.N.Z.) di 3 giorni, dal 24 al 26 di Maggio 2019 con l’obiettivo di creare un momento di conoscenza reciproca, discussioni e attività che ruotano intorno al transfemminismo e non solo. Oltre che per fare un benefit per le compagne inguaiate con la legge. Il luogo scelto non è casuale, a parte essere decentrato quindi poco soggetto a diventare capro espiatorio delle frustrazioni dei vicini, è accanto al quartiere dell’isolotto, zona con una forte identità popolare (nel bene e nel male) e ultimamente soggetto a una riqualificazione brutale incentivata dallo sviluppo dei trasporti pubblici e conseguente apparizione di Air B&B come velenosissimi funghi. Dato il periodo in cui viene scelto di fare quest’occupazione, in un contesto fiorentino strangolato dalla repressione, l’aspettativa di vita non è mai stata altissima: anche se sapevamo chiaramente che non saremmo andate via allo scadere dei 3 giorni, sicuramente nessuna si aspettava che avremmo superato i 2 mesi. Può darsi che questo senso di fine imminente abbia giocato un ruolo nel non proiettarsi mai in progetti articolati e duraturi ma questa è solo una delle cose che ci portano ora ad annunciare la fine prematura del posto. La parte da cui vorremmo cominciare è sicuramente l’autocritica. L’idea della TAZ nasce da un gruppo di persone molto entusiaste e dalla necessità fortissima di uno spazio anarchico transfemminista queer nella città.
Il trasporto iniziale e la poca esperienza di parte del collettivo nelle occupazioni ha indubbiamente portato a dare poca importanza ad aspetti fondamentali come l’impegno verso un posto e la praticità quotidiana necessaria per portarlo avanti. Si è teso a riempire il primo periodo di attività senza pensare ad aspetti fondamentali come organizzarci internamente perché il peso di alcune cose, come il non lasciare mai il posto vuoto, non ricadessero solo sulle spalle di poche. Questo ha creato un clima di tensione e frustrazione, vissute da chi si ritrovava sempre con il cerino più corto, che ha portato ai primi attriti interni al collettivo, quindi alle prime perdite e ai primi abbandoni.
Sempre silenziosi e mai seguiti da alcuna spiegazione né annuncio di nessun tipo. Si aggiunge a questo contesto difficile il fatto che alcune persone hanno cominciato a prendere sempre più spazio e a farsi portavoce di un collettivo che ovviamente non li ha mai investiti di nessun tipo di ruolo simile, dal momento che la base su cui ci muoviamo non è solo l’avversione e l’attacco all’autorità esterna ma anche la decostruzione dei ruoli di potere che ci portiamo dentro inevitabilmente. Cosi la voce che usciva fuori da Urania ha cominciato ad essere troppo spesso la stessa, appiattendo la pluralità di idee ed esperienze delle persone che vivevano lo spazio.
Un altro errore di cui ci siamo rese conto col tempo (non tutto salta sempre all’occhio subito) è la modalità con cui abbiamo comunicato le nostre idee e le nostre posizioni a persone che frequentavano il posto e con cui abbiamo condiviso molti momenti di politica e di socialità. Sebbene pensiamo che non ci sia da mettere in dubbio un certo tipo di pratiche transfemministe, sicuramente si può scegliere il modo più adatto di gestire le situazioni, specie quando riguardano persone che conosciamo e con cui sappiamo che ci può essere una base comune di dialogo. Tutto quello che è stato scritto fino ad ora ha portato ad un isolamento di chi viveva a Urania e ad una conseguente incapacità di dar forma alle attività e alle lotte necessarie per noi, perché la maggior parte delle energie venivano usate per far sopravvivere il posto,
più volte attaccato da ardita e sparuta sbirraglia che fortunatamente non è mai riuscita a mettere a segno nemmeno uno dei suoi colpi di testa.
C’è poi da fare una critica all’autocritica, per quanto riguarda il tempismo: è postuma, arriva dopo la fine di Urania, mentre avrebbe dovuto sia precedere quest’esperienza sia accompagnarla in ogni momento.
Sicuramente non ci siamo date gli spazi necessari per pensare e ripensare come stavamo facendo le cose e in cosa stavamo sbagliando.
Anche se la lista delle cose che avrebbero potuto andare meglio potrebbe continuare all’infinito, ci piacerebbe dare un po’ di spazio a ciò che invece ha funzionato. Con tutti i limiti che ci sono stati pensiamo (non per egocentrismo e presupponenza ma in base a ciò che ci è stato detto da chi ha vissuto questo spazio) che Urania abbia rappresentato qualcosa di bello e importante per tante persone.
Fin dai primi mesi si è creata spontaneamente un’intersezionalità di esperienze, idee e lotte che ha fatto avvicinare individualità e gruppi che non avevano trovato il loro spazio da altre parti. Da persone senza documenti a persone non etero, da persone non bianche a persone non cis, Urania è stata percepita come uno spazio più facilmente attraversabile e vivibile rispetto ad altri. E la pluralità di forme e modi di vita diversi ha arricchito mutualmente chi ha condiviso queste quattro mura, non senza scontri e drammi ma nemmeno senza risate e abbracci. Senza dubbio molte delle persone che sono venute alle feste e ai concerti hanno visto Urania solo come un locale qualsiasi e uno spazio di consumo ma sappiamo con certezza che per tantissime non è stato così, che molte che ci conoscevano poco, quasi niente, si sono in qualche modo sentite parte di questo, prendendosi a cuore ciò che succedeva, per esempio, durante la serata, dando una mano senza che venisse chiesta, aiutando a costruire, riparare e decorare o portando materiale da leggere e guardare. Tutte queste sono le persone che non vogliamo perdere. Anche se è diventato impossibile per noi portare avanti Urania, quest’avventura non finisce qui. Se qualcosa è nato tra queste quattro pareti sudice e stonacate, lo vogliamo far continuare, perché a Firenze c’è ancora bisogno di esperienze come questa, di momenti di entusiasmo per quello che siamo e di rivendicazione di pratiche e spazi. Noi siamo cresciute tanto in questi 7 mesi e vogliamo fare un bagaglio di tutti i nostri errori e tutte le cose buone per andare avanti e fare meglio, con le amiche che abbiamo trovato e con quelle che troveremo, fino a quando non avremo lanciato l’ultima pietra allo stato patriarcale razzista repressore per vederlo crollare mentre ridiamo, mano nella mano.
Ci vediamo su altri pianeti!
Alcune Uranesse